Nell’ultimo decennio non si parla più di Nicolò Carosio.
Nacque a Palermo venerdì 15 marzo 1907 in via dell’Università, nel cuore dell’antico quartiere arabo del Seralcadi.
Il palazzo dove vide la luce esiste ancora, è quello dei Santocanale. Figlio di un palermitano, ispettore di dogana e di una pianista maltese, Josy Holland.
Nicolò Carosio, da buon siciliano, prese il nome del nonno, noto libraio-editore con negozi in via dell’Università e in via Maqueda nel palazzo Starrabba di Rudinì. Una libreria-salotto frequentata da Pipitone Federico, Pitrè, Guardione, Ragusa Moleti, insomma un vero cenacolo di cultura.
Fin da bambino Nick, come lo chiamavano in famiglia, si rivolse alla madre in lingua inglese, così la sua pronuncia non subì mai inflessioni dialettali.
Nel capoluogo siciliano frequentò le scuole elementari al Don Bosco di via Sampolo. A nove anni fu costretto a viaggiare a causa del lavoro del padre: Domodossola, La Spezia, Torino, Genova, Venezia.
Correva l’estate del 1927 quando la famiglia decise di recarsi un mese a Londra. Nick stava sempre incollato davanti alla radio ad ascoltare musica di Cole Porter. La patria del football l’affascinava. I trenta giorni di vacanza volarono.
Intanto, il padre veniva trasferito a Genova e lì iscrisse Nick a Medicina. Ma alle aule di anatomia il giovanotto preferiva i ritrovi di baldoria come i campi di calcio. Il padre intuì le distrazioni del figlio e gli trovò un posto alla Shell. Quella nuova occupazione però non lo gratificava. Così Nicolò decise di iscriversi a Giurisprudenza e in poco tempo si laureò per la gioia della madre.
Nel 1931 si recò a Torino per vedere la Juventus di Combi, Rosetta e Caligaris. Da quel momento Carosio cominciò a vivere di pane e calcio.
Si trasferì a Londra per un po’ di tempo da alcuni parenti. Il sabato veniva calamitato dalla radio, dove per la Bbc il tecnico dell’Arsenal, Chapman, commentava le fasi salienti delle sfide di football.
Carosio rimase stregato dalle radiocronache e dentro il suo cuore cominciò a maturare l’idea di intraprendere quella strada.
Rientrato a Venezia Nicolò, con la forza della sua straripante creatività, iniziò ad inventarsi partite nella sua stanza di Calle Buccali, a ridosso delle stadio Sant’Elena.
Nel maggio del 1932 quando l’Eiar indisse un concorso per radiocronista lui fece salti di gioia.
Nell’austero palazzo di via Arsenale 21, lo esaminarono in sette. Grazie al self control ereditato dalla madre sbalordì la commissione commentando un immaginario derby Torino-Juventus.
Era un venerdì dell’ottobre 1932 quando i dirigenti dell’Eiar gli assegnarono il secondo tempo di Torino-Juventus, proprio la gara che aveva inventato per il suo esame. Fu un successone.
Il Capodanno del 1933 raggiunse in piena notte Bologna, l’avevano convocato il giorno prima per Italia-Germania (3-1). Era un pomeriggio freddo e pioveva ma lui andò benissimo. I suoi racconti trascinavano la gente sul campo. Da quel momento la sua voce diventò leggendaria.
Ai mondiali del Messico (1970) durante la telecronaca di Italia-Istraele si comportò da tifoso ed esplose in invettive terribili contro un segnalinee etiopico. La Rai lo licenziò in tronco.
Si zittiva per sempre il suo famoso “Qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta”.
Iniziò una battaglia legale che vinse nel 1981. Per un giorno varcò con grande soddisfazione il portone di viale Mazzini. Poi non ci mise più piede per sua volontà.
In quei giorni accetto di mettersi davanti ad un telefono e commentare una gara esterna del Palermo. La sua magica voce si diffuse attraverso altoparlanti in una Favorita straripante. Fu l’ultima radiocronaca. Un omaggio alla sua città.
E la città il 13 novembre del 2000 ricambio con una lapide collocata accanto a quelle di Stefano La Motta di Monserrato e di Raimondo Lanza di Trabia.
Iniziativa del Panathlon Club, presieduto da Vito Maggio, e del sindaco Leoluca Orlando.
Nicolò Carosio si spense il 27 settembre 1984.
scritto da Vincenzo Prestigiacomo